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INDAGINE

Nel 1997 si dà avvio al restauro di pulitura
e conservazione.

La prima pulitura mostra sorprendentemente che, eliminata la spessa vernice gialla e le forti ridipinture, la stesura originaria era di alta qualità formale.

Le analisi chimiche dimostrano che i microframmenti prelevati dal manto della Vergine e dell’angelo e dalla roccia sono pigmenti in uso nel Cinquecento: l’azzurro è di azzurrite, una materia che non è più usata dai pittori a partire dall’Ottocento. Non ci sono dubbi sulla datazione dell’opera.

IL SUPPORTO DI TELA

L’indagine scientifica conferma che il supporto – la tela di lino – è straordinariamente anch’esso cinquecentesco.

È regolare, fitto e piuttosto spesso e non presenta cuciture. Prima dell’inizio dell’Ottocento era stato rifoderato.

Sicuramente durante quell’intervento antico la pellicola pittorica aveva subito un’eccessiva pulitura che aveva abraso pesantemente gli strati superiori più leggeri, le velature, che addolcivano i chiaroscuri con lo ‘sfumato’ e arricchivano di fini dettagli le figure e il paesaggio con la ‘prospettiva aerea’.

RIDIPINTURE

Nelle sue ampie ridipinture il pittore-restauratore aveva modificato gli occhi delle figure, ingrandendoli, aggiungendo ricci ai capelli, frange ai vestiti e un complesso architettonico nel paesaggio, probabilmente dove aveva cancellato l’originale.

Si è decisa così la rimozione delle ridipinture con equilibrio: si è rivelata in questo modo la buona condizione della stesura pittorica sottostante con poche cadute e di lieve entità del colore originale.

Radiografia e infrarossi

Con la radiografia e la riflettografia a raggi infrarossi sono risultati visibili solo pochi accenni di un disegno preparatorio e nessuna correzione (effetto naturale essendo copia di un’altra opera).

i pigmenti

I risultati delle analisi chimiche dei materiali si sono rivelati altrettanto eccezionali. La preparazione della tela è composta da un sottile strato di carbonato di calcio, biacca e nero carbone con un legante oleoso, senza presenza di gesso e colla animale, normalmente in uso in Italia.

L’imprimitura – il sottile strato colorato su cui poi il pittore dipinge – è a fondo grigio, cioè con biacca e particelle di nero vegetale.

Il prezioso manto dell’angelo, ad esempio, ha lo strato inferiore rosso chiaro con particelle di ocra rossa e quello superiore dal fine pigmento di lacca di Garanza, ambedue con legante oleoso. La lacca rossa ha una tonalità molto viva, brillante a velature leggerissime; il manto della Vergine, invece, ha un primo strato bruno, e il superiore colorato in blu scuro dalla pregiata azzurrite.

L’incarnato di san Giovannino è, invece, formato da biacca, ocra rossa e nero vegetale con un legante misto di uovo e olio, la cosiddetta “tempera grassa”.

Da questa analisi scientifica si ricavano particolarità tecniche sorprendenti: è molto raro l’uso del supporto di tela nel primo Cinquecento; infatti le opere di Leonardo da Vinci e dei pittori lombardi a lui vicini sono tutte su tavola.

Lo strato di imprimitura della Vergine del Borghetto ha una cromia diversa da quella maggiormente in uso nella Milano sforzesca, dove ne prevale una di tipo arancio-rosata chiara, ma il tono grigiastro è presente anche nella tavola londinese.

Nella scelta dei pigmenti incontriamo poi alcune particolarità: in Lombardia per la base della velatura di lacca rossa non si usa l’ocra rossa, ma il cinabro (il blu del manto della Vergine delle Rocce londinese ha, aggiunto all’azzurrite, il blu oltremarino: il prezioso blu di lapislazzuli).

Nel nostro dipinto è veramente straordinaria la varietà materica di ogni colore: ogni sottile strato lega i pigmenti con un medium creato dalla miscela di leganti diversi: si tratta di una tecnica pittorica scientifica leonardesca in cui l’uovo, alcuni oli e collanti sono usati sapientemente per creare un preciso risultato cromatico sia nel tono che nell’effetto luminoso della pittura.

Cu; Pb

Azzurrite
Biacca

Fe; Si, Al (K, Ca)

Ocra rossa
Lacca rossa

C (Si; Al; Fe)

Nerofumo
Nero di carbone
Ocra bruna